Archivio qualcosa per me, un articolo scritto da mio padre per un giornale locale (cosa rara che scriva), in cui descrive un incontro con l’attore Ugo Pagliai. D’estate, in un pomeriggio calmo, dalle nostre parti… (per chi è di “fuori” vedrete che saranno citati luoghi non propriamente nazionalmente conosciuti, tuttavia credo che il racconto renda efficacemente anche la presenza “avvolgente” del territorio…).
Riporto:
Una polo, un jeans blu, disteso su una sdraio delle “Nereidi” a San Vito Marina, con una mano tra fronte e naso a reggersi il capo come il “pensatore” di Rodin.
Non poteva che assumere questa posa plastica, anche nel sonno, un attore come Ugo Pagliai, compagno di vita e di scena di Paola Gassman. Non vi era folla, anzi, c’era un cielo instabile, ma il pomeriggio sembrava ancor più silenzioso, in questo angolo tradizionalmente “meditativo”, nel rispetto del riposo di questo ospite inatteso, e apparso con molta discrezione: era già nella sdraio, in quella posa, come l’inizio di una scena…
Al primo movimento di risveglio, una famigliola in attesa chiede la foto di gruppo e subito dopo riconsegna velocemente l’area di rispetto.
Lui prende dei fogli dalla borsa e riassume la posa distesa. E’ un nuovo copione da studiare, meditandolo in questo luogo che consente, al di là del fiume, il solito chiasso estivo.
Un primo sorriso convenevole al “vicinato”… solo io.
“Bello qui – esordisce l’attore – Peccato per quel torrente inquinato (il Feltrino, ndr). Sono già stato altre volte da queste parti, sto venendo da Anversa, ma qui mi ricordo un teatro all’aperto dove recitai con Paola, su un promontorio (quello dannunziano, ndr)”
“Non c’è più”, risposi.
“Peccato! Ricordo in basso un bellissimo trabocco”.
“Non c’è più… Colpa di una mareggiata”.
“Siete fortunati – commenta Ugo Pagliai – ad averne altri andando verso sud. Li ho visti altre volte che sono venuto da queste parti. Mi accompagnava un amico musicista che abitava nei pressi di un ponte su un fiume”.
“Non c’è più neanche il ponte e… non ci sarà più!”.
Mi osserva indagatore con due spioncini azzurri che sono i suoi occhi vivi, luminosi, come un soggetto foriero di cattive notizie (mi fa sentire da tragedia greca), rammaricato di avere ricordi non più testimoniati. Cerco di risollevarlo, togliendolo dall’imbarazzo di manifestare altre “pericolose” circostanze, donandogli il mio libretto, “25-58”, col quale ho illustrato 25 aforismi di Ennio Flaiano selezionati da Giuseppe Rosato.
“E’ lei Rosato?”.
“No, sono l’autore delle illustrazioni”.
Lo lascio alla lettura, e con piacere noto uno scorrere giusto, attento, di testi e illustrazioni.
“Almeno Flaiano sopravvive!”, commenta.
Papà conclude l’articolo riferendo che non poteva fare a meno di ritrarlo, in una vignetta, per via di quella posa plastica che l’attore lasciava. Mio padre la fece pubblicare sullo stesso quotidiano…